La bambina in bottiglia

C'era una volta un collezionista. Era un uomo di mezz'età', robusto, coi capelli neri e gli occhi lucidi. Viveva in un piccolo appartamento al ventesimo piano di un palazzo, che era pieno di libri e disordine.

 

Il collezionista collezionava bambini in bottiglia. Era davvero una collezione unica e rara, di cui egli andava fiero. Mettere un bambino in bottiglia gli costava tempo, dedizione, sacrificio ma, soprattutto, amore.Amore verso il suo lavoro che non era per tutti.

 

Si doveva prendere un bambino (e in questo era maestro, perché, tranne una volta, non aveva mai dovuto usare la forza) e poi, quando era chiuso nella sua casa, lentamente lo convinceva di non valere niente, che nessuno al di fuori di lui lo avrebbe amato, che era stato dimenticato da tutti, che la vita fuori fosse solo sofferenza. E l'anima del bambino si rimpiccioliva giorno dopo giorno e con essa tutto il corpo finché il collezionista poteva mettere il bambino in una bottiglia.

 

Aveva una vecchia credenza in legno che gli aveva lasciato la madre. Invece dei piatti e dei bicchieri, su ogni ripiano aveva bottiglie etichettate, col nome del bambino e col giorno di imbottigliamento.

 

Ogni tappo aveva dei buchi ( certo, lui amava i suoi pezzi), mai e poi mai avrebbe permesso che soffocassero.

 

Li teneva lì  dentro giorno e notte ma ad ognuno dava il necessario per vivere.

C'era una bambina che non parlava più. Era il suo cruccio.

Nonostante tutte le sue attenzioni, lei si rifiutava di parlare. Gli altri bambini avevano accettato la loro situazione, ma lei no.

 

Un giorno l'uomo aveva portato a casa un nuovo bambino. Era testardo, proprio come lei. Seppur rinchiuso in quella casa non si rimpiccioliva mai.

I bambini nuovi avevano il divieto di toccare le bottiglie, pena l'isolamento in una dispensa buia.

 

Ma una notte, mentre l'uomo dormiva, il bambino si alzò dal letto e andò alla credenza. Prese la bottiglia dove c'era la bambina muta e iniziò a parlarle  di come, lì fuori, la vita fosse meravigliosa. Di come l'uomo non fosse altro che un mostro e delle stelle, del mare, della neve, dei gelati e della scuola,degli amici, degli animali e delle vacanze.

 

E notte dopo notte andò a parlare con lei.

 

Una mattina l'uomo si alzò e vide cocci di vetro ovunque. La finestra, dal suo appartamento al ventesimo piano, aperta.

 

Né il bambino che non si rimpiccioliva, né la bambina muta c'erano più.

 

E capì. Che se un'anima può rimpicciolirsi, un' anima può anche mettere le ali e volare.

O forse buttarsi dal ventesimo piano era meglio che restare lì, per quei due piccoli ingrati.

 

L'uomo raccolse i cocci di vetro e stancamente si sedette su una poltrona.

 Pensava e ripensava alla sua preziosa bambina muta persa così.

 

Non si dava pace e contemplando gli altri bambini in bottiglia si appisolò.

 

Al suo risveglio era tutto buio.

 

Poi un raggio di luce accecante.

 

Le sue cose non c'erano più.

 

 

Una voce sconosciuta gli disse nel silenzio:" Non temere. Ora sei al sicuro. Sei meraviglioso. Sarai il mio pezzo più interessante. Tutti ti vorranno vedere. Sarai il mio uomo nella scatola". E chiuse il coperchio.

 

Racconto scritto da Marcella Cecchi                                    Vai al podcast