The truman show

The truman show

Anch'io, come la maggior parte della popolazione mondiale, sono diventata cittadina della rete a tutti gli effetti, nel senso che passo più ore sul web che nella vita reale.

 

Fino all'altro ieri non sapevo neanche che cosa fosse uno smartphone e ora se non lo vedo accanto a me, potrei cadere preda di un attacco di panico.

 

Che cosa mi è successo? Che cosa ci è successo?

 

Per quanto mi riguarda da due anni a questa parte, pubblicando un podcast e un blog sono venuta a contatto con un mondo che ancora non conoscevo, con una serie di relazioni e comunità virtuali che, se da una parte soddisfano e alimentano la mia sete di conoscenza, dall'altra è indubbio che risucchino il mio tempo e le mie energie in una rete di connessioni che non sempre è facile gestire.

 

Non è mia intenzione fare il solito “predicozzo” sui pericoli del web, sull'alienazione e sulla falsità e l’illusorietà della rete quanto, piuttosto, fermarmi un attimo a riflettere come e perché sia potuto accadere tutto ciò; come sia potuto succedere proprio a me che non sono per nulla tecnologica, che odio tutto ciò che è artificioso, superficiale e illusorio.

 

Non si può tornare indietro e sperare che un bel giorno la gente butti via tutti gli smartphone, i computer e ricominci a usare i telefoni della rete fissa, il quaderno degli appunti, i registri cartacei. Non si può sperare che un giorno la gente abbia come unico luogo d’incontro la piazza, il circolo ricreativo, l’associazione culturale o la casa.

 

Pare che non si possa più rinunciare alla continua e costante connessione che ci permette di essere presenti contemporaneamente in ogni luogo e di fare, ascoltare, e guardare più cose contemporaneamente, proprio come Dio.

 

Ve lo ricordate quando a catechismo alla domanda "Dov'è Dio?", si rispondeva: “In cielo, in terra e in ogni luogo”?

Proprio come noi, uomini del terzo millennio. E lo saremo sempre di più Dei.

Il 5G, molto probabilmente, ci porterà all'immortalità!

 

In realtà quando ho iniziato il mio percorso verso la connessione, avevo idee più modeste, come, penso, molti di voi. Volevo degli amici, non volevo più sentirmi sola, volevo qualcuno con cui parlare, volevo cercare di allargare i miei orizzonti. E non è che non ci abbia provato nella vita reale, anzi, ho frequentato circoli, gruppi, associazioni culturali, palestre e scuole di ballo ma in tutte queste realtà si arrivava sempre a un punto delle relazioni in cui le persone che incontravo non avevano altro da dirti al di là della salute, del cibo, del tempo, dell’ultima vacanza alle Maldive, della cronaca nera,  della cronaca rosa, del pettegolezzo e del "volemose bene".

 

Alla fine gli argomenti in una cena tra amici o peggio ancora tra un uomo e una donna che tentavano un qualche tipo di approccio o conoscenza erano gli stessi che si trovavano su face book e spesso e volentieri capitava anche che qualcuno, all'improvviso, sparisse dalla circolazione così, senza un perché, come se ti cancellasse dalla sua vista, proprio come su face book e senza neanche una faccetta.

 

Allora mi sono detta: “ Se sono a casa con un amico o un’amica o su face book a chattare dove sta la differenza? Almeno sul web posso conoscere persone diverse”.

 

Alla fine ho scoperto che esistevano intere comunità sul web dove la gente parlava addirittura di filosofia, di poesia, di felicità, di bellezza ma anche luoghi dove le persone riuscivano a esprimere le loro fragilità come non più si riusciva a fare nella vita reale, dove si era e si è continuamente giudicati, isolati e dove devi rispondere a determinati standard.

 

E’ possibile che molta gente riesca a ingannare sul web, poiché ogni cosa è virtuale, ma se sei una persona dotata di buon senso e consapevolezza è probabile che tu riesca a scegliere le tue frequentazioni, così come faresti nella realtà con l’unica differenza che la rete ti consente di moltiplicare le tue occasioni d’incontro.

 

In questi due anni di frequentazioni virtuali ho avuto la possibilità di conoscere persone molto interessanti e arricchenti tuttavia mi sto accorgendo che questo mio bisogno di sentirmi in sintonia mi sta portando a vivere su una realtà parallela che, paradossalmente, non ha bisogno del mio corpo, dei miei sensi, del mio respiro per essere ma solo della mia mente e della mia immaginazione.

 

Un’illusione quindi, la stessa illusione che porta milioni di persone a credere che la realtà sia quello che vediamo in uno schermo, fosse anche la nostra stessa immagine deformata e alterata.

 

Io penso che sia il nostro bisogno, profondamente umano, di relazioni autentiche e intime ad averci portato alla realtà virtuale e non lo dico solo perché questa è stata la mia esperienza ma perché milioni di persone si emozionano di fronte alla tenerezza suscitata da un gattino che fa le fusa oppure di fronte al video di un uomo che piange e di fronte a tutto ciò che, nel bene e nel male, si connette con la nostra anima.

 

Se oggi posso rimanere ore e ore davanti a un computer e sentirmi viva senza il bisogno di vedere il cielo, di camminare, di stringere una mano e di guardare negli occhi un essere umano, potrò domani riconoscere il volto di chi mi ama? Riuscirò ancora a usare le mie gambe per andare avanti, le mie braccia e le mie mani per costruire qualcosa? Riuscirò a sentire il profumo della vita? E, soprattutto, a che cosa servirà che io viva? 

    

Non si può tornare indietro ma si può andare avanti con le nostre gambe, riappropriarci dell’aria aperta, dei nostri spazi e soprattutto delle nostre relazioni.

 

Cristina Dal Farra  

 

   

 

                                                          

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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