A ciascuno il suo libro

 

“Ogni libro rimanda a una conversazione, a due persone che parlano, e in quel tipo di scambio è normale sentire dei suoni, o perlomeno dovrebbe esserlo”.

(Teju Cole, in “Città Aperta” ed. Einaudi)

 

 

Ogni giorno si mette il suo fiabesco cappello, prende i suoi libri, monta sulla bicicletta e parte. La sua destinazione? Una piazza. La sua missione? Leggere pagine di destino ai passanti che un po’ incuriositi e un po’ smarriti si fermano per raccontarle un pezzo della loro vita.

Questo è il lavoro di Chiara Trevisan ovvero la Lettrice “vis à vis” ed è il lavoro più libero e creativo che io abbia mai visto.

 Sarà, poi, proprio come me lo immagino?

E’ quello che cercherò di scoprire in questa intervista con la protagonista di questo favoloso mestiere.

 

Ciao Chiara. Ci vuoi raccontare com’è nata l’idea della Lettrice “vis à vis”?

 

Il progetto human specific “La Lettrice Vis à Vis” è nato nel 2011, e dopo due anni di creazione e test ha visto la luce definitiva nel 2013. Si tratta dell’ultima di una serie di produzioni che hanno caratterizzato la mia vita artistica professionale dal 2002, tutte attinenti a una visione della performance come strumento di relazione con il pubblico. Ho cercato di esprimere il mio interesse nei confronti di un sistema ascolto/restituzione, utilizzando, in questo caso, i libri come mezzo.

Venendo da lunghi anni nel campo del Teatro di Figura, mi era familiare l’idea di poter prendere segmenti ordinari della realtà, e giocare con essi per comporre una visione originale. La pratica personale di condividere i punti di vista inaspettati che si possono trovare nella Letteratura, l’ho formalizzata in un vero e proprio metodo che mi consentisse di trovare la pagina giusta per la persona giusta.

Ne è nata una performance estremamente personale, che si basa sull’ascolto dell’ospite, la comunicazione, e infine la restituzione di un’idea attraverso la lettura occhi negli occhi. Tutto questo, ideato specificatamente per lo Spazio Pubblico, e in particolare per l’attività artistica in strada libera. Perché sono proprio i libri a suggerire l’importanza di poter trovare ciò che non si stava cercando.

 

Qual è la tua formazione?

 

Sono laureata in Lettere e Filosofia, con indirizzo di Storia del Teatro. Dopo molti anni di formazione attoriale classica in Scuole e Laboratori torinesi, durante i quali ho maturato scarso interesse per l’attività di interprete, e maggior predisposizione autoriale, mi sono avvicinata al Teatro di Figura. Ne ho scoperto le potenzialità, e ho avuto il privilegio, al termine del mio corso di studi, di fruire della mentorship di alcuni Maestri del genere.

Il più importante fra loro, l’astronomo e drammaturgo argentino Horacio Tignanelli (esperto nell’ideazione di strategie di educazione non formale), mi ha addestrato a due concetti cardine della mia successiva attività: sostenere le domande (anziché dare risposte) e sviluppare il discorso teatrale in modo strettamente legato al contesto di riferimento.

Successivamente, ho perfezionato questi concetti attraverso la ricerca e la pratica nel campo delle creazioni site specific (sia come membro del Network Europeo In Situ, sia come organizzatrice di spettacoli), grazie all’apporto fondamentale di un’altra mentor: Ariane Bieou.Grazie a lei ho lavorato a una visione più ampia dello Spazio Pubblico, e mi sono allenata a considerarne tutti gli attori (il luogo, gli abitanti, il pubblico, i performers, ecc) come partner di un progetto di co-creazione.

 

La tua arte, per certi aspetti, sembra un perfetto connubio tra letteratura e counseling o arte dell’ascolto attivo. Quanto può aiutare la lettura di un buon libro per affrontare le nostre fragilità e i problemi della vita?

 

Come scrive Teju Cole, in “Città Aperta” (Einaudi): “Ogni libro rimanda a una conversazione, a due persone che parlano, e in quel tipo di scambio è normale sentire dei suoni, o perlomeno dovrebbe esserlo”.

Ne deriva che, da lettrice forte fin dall’infanzia, per me sia venuto abbastanza naturale proporre anche professionalmente la Letteratura come strumento di relazione, esplicitando con la pratica una convinzione profonda.

La Letteratura è un bacino inesauribile di punti di vista alternativi sulla realtà, cosa che ritengo la base migliore per un’esistenza più consapevole e gratificante, anche se non necessariamente più felice. Allena alla possibilità di uscire da sistemi dicotomici, che spesso si riducono a bene/male, giusto/sbagliato, utile/futile. Vere e proprie gabbie che hanno l’ulteriore, deteriore, effetto di escludere la gamma di opzioni nelle quali potremmo trovarci più a nostro agio.

 

E’ stato ed è tuttora facile decidere di vivere solo della tua passione per i libri? Questa scelta ha richiesto grossi sacrifici da parte tua? A che cosa hai dovuto rinunciare?

 

Quando lavoro in strada libera, alla fine della performance offro la possibilità al mio ospite di “sostenere l’impresa” (è scritto proprio così, sulla mia scatola/cappello). Con questa locuzione intendo non solo far capire che di lavoro si tratta (il mio unico lavoro, per altro) e farlo con un termine di uso comune facilmente comprensibile. Desidero anche puntare l’attenzione sull’aspetto ben espresso nella definizione del termine nell’Enciclopedia Treccani: “Azione di ampia portata, che presenta rischi e richiede impegno”.

Si capisce, scegliere non è mai facile. Ho certamente sacrificato ogni minima sicurezza economica (per me e mia figlia), regolarità, serenità fisica e mentale e anche solo una parvenza di tranquillità circa il futuro. Sacrifici richiesti a chiunque intraprenda un percorso artistico e creativo, in questo Paese. E se si tratta di lavorare con i libri, il peggio riesce anche a peggiorare. Sento grande familiarità con il termine “militanza”. In pratica, so già che non mi potrò permettere di invecchiare. Al momento, non potrei nemmeno permettermi un raffreddore.

Tuttavia, si è trattato di una scelta consapevole, e per molti versi inevitabile. E finché le mie creazioni rispondono a un bisogno collettivo, oltre che personale, a fronte di ormai quasi diciotto anni di attività professionale, questa scelta la rinnovo ogni giorno.

 

Che cosa è per te la creatività? Pensi che sia una dote innata o può essere allenata?

 

Mary Shelley, nella prefazione del 1931 a “Frankenstein”, scrive: “Ogni cosa deve avere un inizio, e questo inizio deve essere legato a qualcosa che viene prima. […] L’invenzione, bisogna ammetterlo con umiltà, non consiste nel creare dal nulla, ma dal caos”. Ecco, per me la creatività è immergersi nel caos, navigarlo, e tracciare nuove rotte a partire dai riferimenti anche casuali che contiene.

Credo che ci sia una quota innata di propensione, nei confronti di questo caos. Di accettazione, direi, invece che di negazione o bisogno di regolamentazione. E che, in una certa misura, sia nella disponibilità di chiunque. Si esprimerà, tuttavia, secondo modalità diverse a seconda di come la si considera: una risorsa o un problema. Dove il burocrate necessita di proliferazione di regole, per arginare il caos, il creativo userà una quantità determinata di regole come trampolino per l’esplorazione. È un atteggiamento che pertiene a tutti i campi, non solo a quello artistico.

 

Tu come alleni la tua creatività?

 

Più che allenarla, direi meglio che la nutro. Attraverso la curiosità nei confronti di ciò che mi circonda, la ricerca rispetto alle forme in cui altri la esprimono, l’improvvisazione, la lettura (ovviamente) e grazie a una pratica che mi è familiare dalla tarda adolescenza: accettare proposte che mi portino fuori dalla mia comfort zone (lavori, progetti, studi, viaggi, ecc).

 

Quali sono i peggiori nemici della creatività?

 

Non ci sono nemici perfetti, per così dire, perché gli ostacoli possono diventare risorse, e viceversa. La mancanza di disponibilità economica può deprimere l’immaginazione, oppure rinvigorirla attraverso la ricerca di strategie di sopravvivenza. La carenza di tempo libero può sottrarre possibilità alla visione. Ma può anche essere un buon allenamento a essere efficienti.

Personalmente, ho un problema con il tempo pieno. Mi serve abbondanza di spazio libero, vuoto, non programmato, per lasciare che le idee si connettano anarchicamente.

E considero un ostacolo l’assenza di rischio. Il rischio è un propellente insostituibile, per la creatività.

 

I libri, come anche tu hai ribadito, ci aiutano a pensare, a ragionare, a conoscere e a confrontarci con altri mondi e diversi punti di vista. In questo  senso ci aiutano a essere liberi, perché nessuno ci può togliere la libertà di immaginare e di ragionare con la nostra testa. Tu, che vivi ogni giorno in compagnia dei libri, ti senti veramente libera? Che cosa è per te la libertà e come può cambiare la vita di una persona?

 

Molto in breve, considero la libertà quella facoltà che si esprime nel fare scelte consapevoli e informate, di cui a ragion veduta ci si prenda la responsabilità. La Letteratura, certamente, mi aiuta in questo senso a sentirmi estremamente libera.

 

Che consigli ti senti di dare a una persona che si sente in gabbia, condannata, magari, a un lavoro che non ama e che si sente incapace di realizzare i propri sogni? 

 

C’è un libro, “Nozioni di base” (PetrKrál, Miraggi Ed.) che risponde meglio di altri a questa esigenza. L’Autore ha posato lo sguardo sul quotidiano (azioni, oggetti, relazioni), ha spostato il punto di vista rispetto a quello comune, e ha composto una piccola enciclopedia poetica che è un ottimo allenamento per il lettore. Abituarsi a riconsiderare ogni istante della nostra giornata, anche il più ovvio e ripetitivo, cambiando l’angolazione e sovrapponendo l’immaginazione, è una strategia eccezionale per uscire da ogni genere di gabbia. Quella dell’ordinario, della ripetizione, dell’obbligo, del limite.

L’esercizio migliore che si possa fare, ed è alla portata di tutti, non è quello di combattere l’immutevole, ma quello di trasformare ciò che potrebbe ucciderci in ciò che respiriamo.

 

Ringrazio Chiara per la sua importante testimonianza che ci fa riflettere sul significato di creatività, scelte e libertà.

 

Chiara Trevisan possiede una pagina face book dove ogni settimana legge in diretta alcune brani tratti da vari libri nell’interessante rubrica “Volta la Carta”.

 

Potete approfondire la conoscenza di quest’artista sul suo sito web.

 

 

Intervista di Cristina Dal Farra

 

 

 

 

 

 

 

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