Reality Show (racconto per un solo lettore)

 

Il tramonto si affacciava alle finestre trattenendola con il suo incanto a guardare lontano. Avrebbe voluto fare tutt'altro quella sera: leggere, godersi il sole che lasciava le colline, scrivere. Forse anche uscire e passeggiare in quella luce degli ultimi giorni d'estate. E invece aveva organizzato da tempo quella riunione con tre amiche, aveva promesso e aveva una parola sola.

Si guardò intorno, tutto era perfetto: il computer portatile, protagonista della serata, era acceso e collegato alla rete; la tavola apparecchiata in modo da ospitare cibo, vino e tecnologia. Si sorprese a chiedersi dove le avrebbe portate quell'idea nata per caso: verificare, per quella di loro che ne sentiva la necessità, se davvero Internet era un potente strumento di comunicazione e di incontro.

Il campanello la scosse e la risposta al citofono fu molto prevedibile: l'amica più puntuale, quella che non si lasciava coinvolgere in niente che non fosse visibile, concreto, possibilmente misurabile e soprattutto utile nella vita reale. La più scettica, ovviamente:

"Sono io, quella delle tue amiche che non capisce cosa cavolo ci fa a casa tua stasera. Vuoi che vada a prendere quattro pizze? Vorrei almeno cenare."

"No, Cri, ho già fatto tutto, vieni su"

La sentì arrivare con il solito passo deciso e affacciarsi alla porta con aria interrogativa:

"Cosa vuol dire? Che hai cucinato tu?????"

"Sì, ma solo le pizze e qualche formaggio...beh, ‘qualche’ è riduttivo, ho comprato tutti i tipi che ho trovato. Più vino bianco... chardonnay, sauvignon e..."

"Per favore risparmiami, già quando li berremo mi dirai che profumano di nocciola. Per me è solo vino."

La guardò con il solito, immutabile affetto mentre si avvicinava guardinga al forno come se dentro ci fosse chissà quale mostro.

"Però, non sembra niente male"- osservò l’amica - "Lo vedi che quando vuoi ci riesci pure tu, Leo?"

"Sì, grazie, sono ore che lavoro e sono anche uscita dall'ufficio alle cinque del pomeriggio per fare tutto"

"Ti fa solo bene: in genere quasi ci dormi", sentenziò l’amica dirigendosi verso il citofono ad aprire allo squillo della seconda arrivata per poi annunciarla con voce apparentemente implorante:

"E' la Carla. Ti prego, dimmi che non tenterà di convincerci che il vero amore esiste, ma che lei l'ha incontrato solo una volta, che rivuole quelle emozioni e niente di meno, che ancora non le ha trovate, ma che però non vive di soli ricordi, perchè non è più innamorata, perchè lui l'ha delusa, però lei è mica scema... Guarda che stasera glielo dico che è ora che la finisca di ingannare se stessa: come accidenti spera di trovarsi qualcuno se non lo cerca? Se sta lì ad aspettare che quel mammalucco si muova! Come pensa di ‘sdraiarsi’ qualcuno se non apre la porta? E non parlo di internet. Lo so che tu la pensi in modo diverso... lo sappiamo bene, io e te, cosa hai pescato, tu, lì dentro... ", sembrò terminare per poi proseguire imperterrita con lo stesso fiato di un primatista di immersioni in apnea:

"E poi, la Marisa...fai in modo che non ci snoccioli uno dei suoi soliti predicozzi su tradimenti e matrimoni sballati, i mariti, gli amanti e i figli che fan finta di lavorare. Per finire con l'apoteosi su quanto sono stronzi gli uomini. Giuro che stasera sono dell'umore adatto per dirle che se lei li trova tutti così un motivo ci sarà."

Sorrise al pensiero di quanto fosse ingenuo il tentativo di far dialogare persone così diverse. Ma voleva bene a quelle tre "schiantate" e ormai era insostenibile l'assurda situazione di inventare occasioni di incontro con l'una e l'altra separatamente. Si convinse che quello era un tentativo che andava fatto. Per la Marisa, alla costante ricerca dell'uomo ideale, e per tutte loro.

"Cri, apro la porta… per favore…", le chiese in un attimo in cui l'amica riprese fiato.

L'entrata della Carla, seguita dalla Marisa che l'aveva raggiunta, si concretizzò nei consueti sorrisi, saluti e informazioni sulle reciproche vite: "bene, grazie", "sono solo un pò stanca", "finalmente mia figlia si è sposata, forse ora ho un attimo di pace"; e la sorpresa fu di tutte di fronte alla sua cucina per una volta in disordine:

"Ma non ci posso credere, hai cucinato! Lo sapevo che prima o poi lo avresti fatto", osservò la Marisa che dall'alto dei suoi sessant’anni, che sembravano cinquanta, beata lei, pensava di poter predire il futuro a tutte loro quarantenni semplicemente ricavandolo dalla sua esperienza.

"Beh, se chiami cucinare il fatto di preparare quattro pizze... a proposito, vediamo di non bruciarle", rispose sorridendo in attesa dell’inevitabile commento della Carla, sicuramente l’ennesima espressione dell’affetto che provava nei suoi confronti, nonostante la disapprovazione per come gestiva la sua vita, nell’impossibilità di trattenersi dal riversare su di lei il suo istinto materno:

"Brava, tatina, ero sicura che prima o poi ce l'avresti fatta."

A fare quattro pizze, scegliere i formaggi, comprare tre bottiglie di vino? Era il minimo per una che un giorno aveva ottenuto il diploma da sommelier. Ma meglio non dire niente e lasciarsi l’illusione di un passo compiuto verso il successo gastronomico della serata.

Decise quale bottiglia aprire e mentre i formaggi iniziavano ad essere apprezzati versò il primo giro di quell’ottimo catalizzatore di buonumore e creatività che poteva essere uno chardonnay friulano.

Le osservò recitare ognuna il loro ruolo, in mezzo ai discorsi di sempre, senza lasciar trasparire nulla della loro vera anima. Solo lei, che raccoglieva le parole di tutte loro, sapeva: della Carla che aspettava ancora chi mai sarebbe arrivato, tra sensi di colpa e ricerca di effimere gratificazioni; della Marisa e dei suoi tanti uomini, davvero tanti, troppi, tutti quelli che aveva voluto, tutti tranne uno; della Cri che si era accontentata del primo che le aveva sorriso una volta di più nel disperato tentativo di dimenticare l’indimenticabile, convinta della tecnica “chiodo scaccia chiodo”, e che ora combatteva una disperata battaglia contro la verità che le urlava dentro.

E lei, della quale solo la Cri sapeva, e molto meno di quanto ci sarebbe stato da dire rispetto alla rivelazione di un unico, infinitesimo episodio di un’intera vita. Lei e la sua illusoria disponibilità: finché si approfondivano gli argomenti delle altre non era obbligata a parlare di se stessa e il silenzio che l’avvolgeva rimaneva intriso di emozioni, sensazioni, ricordi, fantasie, dolori e sorrisi. Tutti ingredienti di infiniti racconti che le sembrava potessero svanire, dissolversi nell’aria, se solo li avesse trasformati in parole. Il tripudio dell’egoismo dove bastavano pochi cenni alla propria vita, nulla di importante, e chi aveva di fronte raccontava la propria. In genere era così che accadeva.

La domanda della Carla, seduta davanti al portatile con un bicchiere di vino e un pezzo di pizza nelle vicinanze, la sottrasse a quel susseguirsi di riflessioni:

“Allora cominciamo? Io direi che…”

“Oh, Dio, ma siamo proprio decise a fare ‘sta cretinata?” la interruppe la Cri tentando di alzare un ultimo argine di protesta.

“Siamo venute apposta”, le ricordò la Marisa.

Era il momento di mettere in atto la propria regia e versando a tutte ciò che rimaneva dello chardonnay riassunse l’evento che le aspettava:

“Esatto, l’obiettivo di questa serata è aiutare la Marisa a trovare una… ‘opportunità maschile’ attraverso internet, cioè la chat e un sito di incontri. Per un tale obiettivo i passi da fare sono questi: analizzare come funziona questo sito, ma da quello che ho visto è piuttosto banale, quindi inserire Marisa, iscriverla se ho capito bene, poi attivare il profilo e accedere alla chat. Direi che… Marisa tu definisci i contenuti, visto che sei la protagonista, Carla tu gestisci la tastiera così la Marisa non si distrae e tu, Cri, fai pure “l’avvocato del diavolo”, che ti viene benissimo, e ci aiuti a non esagerare in un senso o nell’altro. Ok?”

“E tu cosa fai? A parte comandare come al solito e scordarti che è ora di tirare fuori le pizze?”, chiese la Cri alzando in un modo molto chiaro un sopraciglio rivolta verso il forno.

“Io faccio la consulente, visto il mio passato di chattatrice” rispose sperando che non fosse troppo tardi per il resto della loro cena.

“Fai la consulente e ‘ti fai’ il consulente…” ironizzò l’amica allungandole il vassoio e trattenendo a stento una risata che finì per incresparle le labbra in un modo altrettanto evidente.

“Ehhhh???? Chi???? Leo, cosa cavolo combini????”, incalzarono le altre due sull’orlo dell’offesa dovuta alla sensazione di essere state tenute all’oscuro di qualcosa di piccante.

Il suo sguardo di assoluta riprovazione innescò la pronta risposta della Cri:

“Scherzavo, non fa altro che fare riunioni con fantomatici consulenti. O almeno così dice lei: le telefoni e mai una volta che te la passino, santo Dio! ‘La dottoressa è in riunione’… non lavorano in quell’ufficio, in quella banca di squali! A voi sembra un lavoro stare continuamente in riunione?”

“Beh, dipende, cioè…” abbozzò un prevedibile tentativo di difesa la Carla, subito scavalcata dal realismo interessato della Marisa:

“Comunque mi sembra che i ruoli siano giusti: voi avete i vostri e io… sono la cliente sfigata.” E proseguì a descrivere il funzionamento del sito che aveva recentemente scoperto senza aspettare risposta:

“E’ semplice, si chiama Cupido, nome bene augurante, eh? Si accede dal portale di Libero. Ci sei Carla? Il collegamento è nella colonna di destra, verso il basso. Io mi sono già iscritta, è gratis, e ho dovuto farmi un profilo, rispondere ad alcune domande su di me, ma quello che ho scritto mi sembra banale, io mi sembro banale.”

“Bene, intanto ti sei dovuta anche scegliere un nick, giusto?” fu la prima domanda da consulente.

“E che cos’è? Cominciamo a parlare in modo che si capisca, per favore”, protestò l’avvocato.

“E’ un soprannome, Cri. Cioè non ci metti il tuo nome vero riservandoti di dirlo poi a chi decidi tu. Dico bene, Leo?” tentò una risposta la Carla.

“Benissimo. Tu cosa hai messo, Marisa?”

“Marisa”

“Cominciamo bene: non mi sembra proprio un soprannome” – sbottò l’avvocato - “Non si può cambiare? Come tuo legale ti impedisco di usare il tuo vero nome. Già mi sembra che siamo qui a elaborare idiozie vediamo almeno di farlo restando anonime visto che c’è questa provvidenziale possibilità.”

“E in base a quali criteri si dovrebbe scegliere?”, chiese la Carla.

Tre sguardi interrogativi le si rivolsero in attesa: in fondo era lei la consulente.

“Innanzitutto, Carla, vedi se c’è il modo di annullare il precedente profilo della Marisa.” – rispose con la solita pazienza - “Poi io metterei qualcosa di coerente con l’obiettivo della comunicazione che vogliamo fare. Cioè la Marisa perché si iscrive? Perché vuole fare, diciamo, nuove conoscenze, quindi il nick dev’essere qualcosa che per lei ha un valore, un ricordo, qualcosa che sia suo e che al tempo stesso sia coerente con il profilo che faremo, con la verità, perché non possiamo certo mentire sia chiaro.”

“Per esempio?”

“Non lo so, Carla, lo so per me, non per lei. A me piacciono i nomi di personaggi che mi hanno lasciato qualcosa: scrittori, protagonisti di film, di libri, di storie, qualcuno che mi è rimasto dentro. Non so, adesso sceglierei… Yeliah”

“E chi è?” fu la domanda che pronunciarono le altre tre tutte insieme.

“La verità della leggenda narra che Yeliah era una bella e intelligente ragazza, di ottima famiglia,  promessa in sposa a un ricco nobile del suo paese. Che lei non amava ovviamente.” – iniziò a raccontare – “Stanca di una vita fatta di doveri, obblighi sociali e apparenze una notte lascia la sua casa con una piccola barca e arriva in una baia racchiusa fra due altissime scogliere. E sente che lì, finalmente, nascosta agli occhi del mondo, la sua anima può davvero essere se stessa. Dopo qualche tempo un giovane bello e intraprendente, passando al largo della baia la vede sulla spiaggia e la raggiunge. Il resto alla vostra immaginazione… Così è nato il paese di Etretat, un paese della Normandia, incastonato appunto fra due scogliere di oltre 40 metri a picco sul mare. O almeno questo dice una delle poco conosciute leggende non religiose di origine celtica.

Una volta era solo un piccolo borgo di pescatori, rifugio di impressionisti e scrittori come Maupassant., ora è diventato famoso e ci si arriva da sopra, da un campo da golf che ha un hotel con troppe stelle. Ma il vero paese, quello di Yeliah, è molto più sotto, adagiato lungo la spiaggia, dove c’è un alberghetto di inizio secolo, ma tenuto benissimo, con camere piccole e silenziose e le tende di pizzo bianco, oltre a un ristorante dove si cena godendosi il tramonto e si fa colazione con i gabbiani che ti guardano al di là della vetrata mentre cercano di capire perché gli umani si ostinano a mangiare brioche.

Prima che costruissero la strada ci si arrivava solo via mare o con un sentiero in alto, sulle scogliere, in mezzo ad infiniti prati verdi. E’ bellissimo. Soprattutto è un posto dove sono stata bene e dove ho conosciuto e amato la storia di Yeliah che purtroppo vi ho dovuto molto sintetizzare. E credo che questo si senta. E come spesso accade con i nomi francesi è intrigante, ma non è obbligatorio che sia un nome esotico. Credo che soprattutto debba essere qualcosa che ci appartiene.”

Il silenzio rimase a sottolineare quella descrizione sorprendente, un silenzio pensoso che fu la Marisa a spezzare:

“E poi cosa ci metteresti? Per scrivere il profilo a parte età, città e descrizione chiede anche cosa vorresti in regalo, cosa ami e cosa odi e cosa faresti se sei invitata ad una festa in cui c’è anche il tuo ex…”

“Beh, intanto non importa che tu lo ritenga banale come hai detto prima. Per qualcuno lo sarà, forse, per qualcun altro sarà invece interessante. L’importante è che sia la verità, la tua verità. E’ facile: cosa ami e cosa odi? e non rispondermi ‘gli uomini’ in entrambi i casi.”

“No, aspetta”, la interruppe la Cri, “tu pensi davvero che le scemenze scritte qui siano la verità?”

 “Non lo so, Cri, è la prima volta che entro in un sito del genere. So che è conveniente fare così, sempre e comunque: mostrarsi per quello che si è, per quanto ci è possibile, se si vuole trovare una persona con cui stare bene.

Marisa, pensa a ciò che davvero ti piace, cerca di dare un quadro di te il più vero possibile, perché se poi decidi di incontrare qualcuno non potrai più barare. Io non l’ho fatto a suo tempo. Mi faceva paura, oltre a non sentirmi proprio a mio agio in una recita. Per mentire in chat occorre una memoria particolare che io non ho: devi ricordarti il ruolo e come l’hai recitato, cosa hai detto e come l’hai detto. Troppo difficile. E poi finisci per attirare persone che non ti piacciono se cerchi di sembrare ciò che non sei, dando un’impressione sbagliata.”

“Ma qui siamo a livello di chiaroveggenza!” – si scatenò l’avvocato – “Ma come fanno ad ascoltarti quando parli nelle tue riunioni? Non posso credere a quello che dici, ma ancora di più non posso pensare che tu ci creda davvero. E allora mi vengono dei dubbi e mi si spacca la testa…no, mi arrendo. Anzi, no: mi dici come fai a capire da quattro righe com’è l’altro? Come fai se nella vita capita addirittura che un bel giorno non si sa nemmeno con chi siamo andate a letto per anni?”, proruppe la Cri.

“Forse dopo anni non sai con chi vai a letto perché le persone cambiano. Per fortuna. Perché lui è cambiato o sei cambiata tu. O tutti e due. Che ne so? Dico solo che qui c’è un essere umano che scrive qualcosa di sé e già per questo è meritevole del rispetto che dobbiamo ad ogni persona che incontriamo e in più ti puoi fare un’idea, solo un’idea, mica un trattato, sulla sua personalità. E poi verificherai…”

“La Marisa verificherà, io no di certo.”

“Ecco, appunto” - si intromise la Marisa richiamando un’attenzione che si era un po’ polarizzata - “Io non so se sono capace di capire, di leggere tra le righe”

“Beh, proviamo, scusate” – tentò una proposta la Carla – “Qui dice che basta inserire il profilo per poter fare una ricerca e il profilo ‘Marisa’ già ce l’abbiamo.”

“No, Carla, non usiamo il mio, non va bene. Magari dopo lo rifacciamo. Scriviamo il profilo di Etretat: Yeliah suona troppo arabo, scusate, non mi sembra il caso di questi tempi. Così ci fai poi vedere come si chatta, Leo. E’ meglio se lo fai tu. Se lo faccio io sono troppo imbranata, persino per pensare a cosa dire in una chat.”

Ci volle un po’ per convincerla, ma alla fine il profilo di Etretat fu scritto e inserito in Cupido pronto allo scoccare delle frecce. E le amiche non si stupirono che odiasse la violenza, la maleducazione e la pericolosa arroganza di chi pensa di avere sempre tutte le risposte, e che più di tutto volesse viaggiare e leggere, ma rimasero a bocca aperta di fronte ai sogni di libertà che voleva affidare al vento e al mare. E per una volta furono tutte d’accordo che lei fosse proprio così, capace di andare ad una festa dove c’era anche il suo ex perché le sue storie finiscono tutte bene: “Non sbatto mai la porta” fu l’ultima frase che suggerì mentre versava quanto rimaneva di un intrigante sauvignon.

Quella riunione era ormai decisamente decollata e con essa la Marisa:

“Bene, adesso cerchiamo il tuo ‘nick gemello’, Leo. Dove lo cerchiamo?” chiese con l’entusiasmo di una bambina.

“Bolzano”, fu la pronta risposta dell’agguerrito avvocato.

“Cri, a Bolzano parlano soprattutto tedesco e ben poco l’italiano”, ribattè la Marisa

“Ok, Milano, allora”

“No, per carità, non li sopporto, sbruffoni come sono”

“Marisa, restiamo in regione, per favore: Bologna”, suggerì la Carla.

“Io ci abito a Bologna, ragazze, e non li reggo più. Leo, dì qualcosa. Dove lo cerco?”

“Napoli”

“Cosaaaaaa????? Un’altra voltaaaaa???????”, fu l’esplosione ‘legale’.

“Come un’altra volta? Ma cos’è questa storia, Leo?” cercò di indagare la Carla con malcelata invidia per quello che aveva capito di non sapere.

“Ma niente, è la Cri che odia i terroni e invece io sostengo che sono… beh, i napoletani certo non mancano di fantasia”

“Mi piace Napoli” – ribadì la Marisa – “Cerca Napoli, ma non in Cupido, nel Trovamici di Digiland: è lì che poi ci sono anche le chat. E’ una delle poche cose che ho capito”

“No, come tuo avvocato, Marisa, ti impedisco di scendere sotto Roma. Ma non ti sei già abbastanza complicata la vita in questi anni?”

“Dai, Cri, non sono obbligata a proseguire se non lo voglio. E poi chatta la Leo, con il suo profilo”

“Questo mi terrorizza, se devo dirti la verità”

“Dai, proviamo con un napoletano... sono simpatici. Cosa chiede ancora Carla?”

“Età…va bene 46-65? Hai detto che lo vuoi giovane…”

“Sì, ma è per la Leo…”

“Va bene anche per me. Mi annoiano quelli troppo giovani.”

“Ok, allora. Poi, Carla? Accidenti la memoria, non mi ricordo”

“Segno zodiacale e se vuoi vedere solo quelli con la foto”

“E la lettura della mano non è prevista?”, s’informò il sarcastico avvocato.

“Va bene, Cri, tranquilla. Ci fermiamo qui. Vai, Carla, conferma.”

Invio.

Si era estraniata da quell’ultimo scambio di battute pensando alle migliaia di desideri e di speranze custodite in un archivio chissà dove e ora fissavano tutte il video come se da lì dovesse materializzarsi il principe azzurro con il suo bel cavallo bianco. Una favola, forse davvero era tutto una favola, forse loro erano solo quattro bambine di fronte alla prima decisione che traccia i confini dell’infanzia: esistono le favole? E c’era chi ci credeva e chi no. E chi faceva finta di non crederci così non avrebbe fatto troppo male scoprire la verità. Tutte con l’intento di guarire un’anima sola. Quella della Marisa. E forse anche la loro.

“Ma sono 172 pagine!”,  fu la sentenza pronunciata dalla Carla.

“E adesso che si fa, Leo?”, chiese sorpresa la Marisa.

“Si inizia dal nick: si entra nei profili il cui nick ci attira. Era questo che intendevo prima.”

“Ok, iniziamo, clicco a caso su una pagina e vi leggo i nick, ok?”, riprese speranza la Carla

“Ok.”

“Palestrato1986…hai detto che lo vuoi giovane, Marisa…”

“Ma, dai…”

“Paky50”

“No, voglio un nick che in qualche modo si capisca qualcosa. Scusa, Leo, ‘Etretat’, o “Yeliah” che sia, non lo avrei cliccato se fossi un uomo”

“Meno male che non lo sei”

“Dio, mi sembra di sognare. Ma vi ascoltate quando parlate?”, sbuffò il legale del gruppo.

“Cri!!! Dai, Carla vai avanti.”, incitò la Marisa sempre più interessata.

“Paperino1946”

“Ah, sarà sveglio, come no!”

“Siete voi che dite che i napoletani sono fantasiosi…mah!”

“Pazzoxledonne, Marisa, ti va?”

“No, grazie, ho già dato.”

“Peppe47”

“Questo è davvero terrone!”

“Cri!!!! No, non mi piace, scusa Carla”

“Abbiamo tutta la sera, non ti preoccupare. Solo che dovrebbe sceglierlo la Leo, non tu. Tu come lo vuoi, Leo?”, le chiese l’amica un po’ sorpresa dal suo silenzio.

“Lasciamo fare alla Marisa, così prova a scegliere per quando chatterà lei. In fondo io ci devo solo chattare una sera, mica sposarlo!”

“Ci mancherebbe pure questa! Ti faccio internare!”, minacciò l’avvocato.

“Cri, per favore! Poeta47 ti piace, Marisa?”, riprovò la Carla.

“Ne ho già avuto uno: mi è venuta l’ulcera.”

“Prince1206”

“Ma basta con ‘sti numeri! E poi chi si crede di essere? Prince… ma per favore!”

“Clicca!”, sentì dire alla sua voce scattando dentro a quel dialogo.

“Cosa?”

“Clicca su quel profilo”

“Ma Leo, perché?

“Perché sì. Clicca Carla, per favore.”

“Non dirmi che ti ‘dice qualcosa’ ‘sto saccente napoletano!”

“Sì, Cri, questo sì”

“Oh, Gesù, ti prego, un’altra volta no!”, mormorò l’avvocato invocando un’ultima altissima protezione.

Prima la Carla, poi il server, esaudirono la richiesta mentre lei non poteva credere ai suoi occhi. Il vino scorreva lungo la sua gola in un sorso buttato giù ad esorcizzare una sensazione profonda e inattesa. Ed eccolo lì. Non solo il mondo è piccolo, anche internet lo è. Incredibile. Impossibile. Eppure, eppure solo lui avrebbe potuto scrivere un profilo così.

“Chiudi Carla, questo è meglio perderlo che trovarlo, dai”, sentenziò la Marisa con una veloce lettura di quella inequivocabile pagina.

“No!”, si oppose decisa mentre i suoi occhi incrociarono quelli della Cri obbligandola a spiegare:

“E’ interessante”

“Cosa? Uno che scrive 1206? Sì, 1206 volte che l’hanno mandato a quel paese! – riassunse la Marisa – “Leo, leggi, per favore: ama ‘le donne belle, sensuali, intelligenti’… e basta? Ma chi si crede di essere??? Odia la falsità… ma avete mai visto un uomo sincero voi??? E poi uno che ‘ne ha viste di tutti i colori’ che vuole conoscere donne straordinarie… ma sì, e quelle sono lì che aspettano solo lui… si vede che lui si reputa altrettanto straordinario. E il finale… ‘se svegliata nel modo giusto sarà lei che cercherà di approfittare della situazione’… ma certo con uno come lui!!!…Dai, Leo!!!!”

“Io non lo leggo così, Marisa, ma forse perché 1206 può significare 12 giugno, una data sicuramente importante per lui. E’ un uomo, ovvio che ami i numeri, ma è intelligente: non ha scritto prince55 perché ha 55 anni rischiando così che il prossimo anno questo dato non sia più reale. Con buona probabilità è tanto vero, quanto lo sono io, io che vorrei in regalo le stesse cose che vuole lui e amo le stesse cose che ama lui: non le donne, questo è certo, ma il mare e leggere mi sono necessari come l’aria. E perché dire che odia la falsità se non fosse, appunto, sincero? Basterebbe scrivere altro. Quanto al cercare donne straordinarie, sempre meglio di uno che le vuole bellissime, ma oche, perché è incapace di reggere il confronto. E se fosse vecchio e arrogante avrebbe scritto ‘king1206’, non ‘prince’… pensa se stesso ancora come un ragazzo e con eleganza… questo sì che è giovane, Marisa. E magari è davvero bravo a fare l’amore, che ne sappiamo noi? Ma soprattutto sarebbe interessante chiedergli quante donne straordinarie ha conosciuto.”

“Leo, santo Dio! Non esiste nessuno che sia straordinario. Esistono solo persone più o meno normali.”

“Beh, dipende da cosa uno intende per straordinarietà…”

“Leo, tu stai perdendo la testa. Tu quanti uomini straordinari hai conosciuto, per la miseria??!!”

“Mah... Se non parliamo di gente come Gandhi o altri simili, ma di uomini normali… non so se ho un campione rappresentativo… molti conoscenti, tanti colleghi, parecchi amici, qualche relazione che riesco a contare sulle dita di una mano, anzi ne avanzo… sì, sono tanti… straordinari? Uno solo.”

“E tu questo lo contatteresti? – chiese la Marisa - Perché ci vedi tutte queste cose solo nel suo profilo? E credi che uno così possa farsi delle domande sul nome ‘Etretat’?”

Tardò un attimo a rispondere, un attimo che fu invece l’avvocato ad afferrare per la sua requisitoria finale che pronunciò con una sorprendente pacatezza tanto da farla sentire come assolutamente vera:

“Ma Etretat è un gioiello nascosto. Se sei solo un banale turista ci arrivi dal campo da golf, dove chi gioca è gente per la quale spesso è solo l’apparenza ciò che conta. Ma il vero paese lo trovi con pazienza e lo scopri di un fascino che è solo suo e molto, molto più vero. Ma lì, nel cuore di ciò che non si vuole far sapere, ci arrivi solo dal mare… roba per pochi, roba da principi…”

Rimase senza fiato, a chiedersi quanto c’era di vero in quella metafora tratteggiata in un attimo da quell’intelligente avvocato. I suoi occhi implorarono una rettifica a una verità quasi svelata, il solito sarcasmo che finiva per ridicolizzare parole ed emozioni. Ma non venne. Tutto rimase reale e sospeso in quello sguardo fra loro finchè non fu la Marisa, e il suo potente obiettivo, a liberarle da quella inaspettata magia:

“No, ragazze, dai… proviamo con un altro nick, eh, Leo, il vino sta facendo effetto. La terza bottiglia non si apre.”

Aprirono anche la terza. E rimasero tutte a dormire lì dopo ore di vino e di chat senza successo con nick invitanti che finivano per essere banali.

Cosa abbia fatto poi la Marisa nei giorni seguenti nessuno lo sa e forse è meglio così.

 

E ora, caro Prince1206? Ma potrei dire anche Dylan, altro nick intrigante. Dylan Thomas? Bob Dylan? No, il cane, un pastore tedesco. Già, com’è un uomo che usa come nick il nome del suo cane? E chi lo sa? Siamo sempre un mistero per gli altri. Ed è giusto così. Ma dopo tutti questi anni “una serata romantica” non lo avrei mai detto che fosse un regalo che volevi. Se sono ancora in tempo posso rimediare. E per quanto riguarda il modo di svegliarsi al mattino, è ormai storia uno scambio di mail che ci ha consentito di chiarire la questione oltre a ispirarmi questo racconto un pò strampalato.

In ogni caso ti invito a leggere il mio profilo, che è vero, vero davvero, disegnato in una serata di follia e poi dimenticato lì: straordinaria non lo sono, ma un po’ fuori dal comune credo di sì…;-).

 

 

 

 

 

 

Villa Montauro, 27 settembre 2004

 

 


Racconto scritto da Leonarda Vanicelli e tratto dalla sua raccolta "Dove mi perdo" Kimerik edizioni

 

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